![artrite-reumatoide-arriva-tocilizumab-il-farmaco-intelligente-che-congela-i-sintomi[1]](http://5election.com/wp-content/uploads//2010/01/artrite-reumatoide-arriva-tocilizumab-il-farmaco-intelligente-che-congela-i-sintomi1.jpg)
’artrite reumatoide: fino a ieri una delle malattie più temute, oggi patologia ancora grave, ma con malati che hanno sempre maggiori possibilità di cura e una qualità di vita in costante miglioramento. Dolore e articolazioni gonfie cominciano a diventare un brutto ricordo, diminuiscono i casi in cui si ricorre alla chirurgia per sostituire le articolazioni consumate e aumentano i malati che ritrovano la gioia di un primo recupero della mobilità degli arti. La buona notizia viene dall’American College of Rheumatology, il più importante appuntamento specialistico in materia, che si tiene annualmente negli Usa e che si è appena concluso a Philadelphia. Dietro il crescente successo della lotta a questa malattia cronica, causata da un “guasto” del sistema immunitario che improvvisamente indirizza la sua azione contro il nostro stesso organismo, infiammando le articolazioni ed alcuni organi interni, c’è il salto di qualità compiuto dagli anni Novanta in poi dalle cure. Prima una serie di farmaci che sono riusciti a rallentare il processo della malattia, i DMARDS, poi la rivoluzione dei farmaci biologici, molecole specificamente mirate a combattere la patologia colpendola alla radice del meccanismo che l’origina. Un progresso che continua, stando anche ai sorprendenti dati di un nuovo farmaco, presentato al congresso di Philadelphia, che è in grado di ridurre di oltre l’80 per cento la distruzione delle articolazioni.Il bilancio positivo sull’artrite reumatoide, malattia che colpisce la donna in misura doppia rispetto all’uomo e di cui soffrono negli Usa 1 milione e 300 mila persone e 350 mila in Italia, è emerso da uno studio che ha esaminato 100 mila malati, tra i 40 e i 59 anni, verificando gli interventi di sostituzione delle articolazioni fatti tra il 1983 e il 2007. Bene, gli interventi sostitutivi, in crescita fino al ’90, sono risultati in calo da quella data in poi. Un esempio per tutti: la sostituzione del ginocchio nel quinquennio 2003-2007 è diminuita di quasi il 20 per cento rispetto al quinquennio ’83-’87. In 25 anni insomma la qualità di vita dei malati è cambiata in meglio. E c’è da aspettarsi che continui a migliorare, visti anche i risultati degli ultimi studi, presentati al congresso.
Il nuovo farmaco è il tocilizumab, approvato da qualche mese dall’EMEA come cura di seconda linea e ora in attesa di autorizzazione al commercio da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Lo studio LITHE, che ha esaminato, per due anni e in 15 diversi Paesi, 1196 pazienti, ha dimostrato che abbinando il tocilizumab al metotrexato (questa l’indicazione) non solo si riducono i danni articolari dell’81% rispetto al solo metotrexcato, ma, trattando a lungo il malato, si è anche visto crescere la regressione della malattia dal 27% a 2 anni dall’inizio della cura al 62% a 3 anni e 4 mesi. L’efficacia del farmaco si deve al fatto che inibisce le cellule che fanno da recettori dell’Interleuchina 6, fattore cruciale nell’infiammazione che è all’origine della malattia autoimmune. Per questo il professor Carlo Maurizio Montecucco, ordinario di reumatologia a Pavia e direttore di uno dei molti centri italiani coinvolti nello studio, parla di “un’azione a 360 gradi”, aggiungendo che “la novità non sta tanto nell’arresto del danno articolare, cosa che si ottiene altrettanto bene con gli anti Tnf (altra categoria di farmaci molto usata, ndr), ma nei benefici clinici senza precedenti che riscontriamo nel malato”. Poi ci sono gli studi su di un altro farmaco, questo già in commercio, il rituximab: una ricerca a 3 anni ha dimostrato che con un ciclo di terapia ogni 6 mesi il paziente sta molto meglio sia dal punto di vista clinico che della qualità di vita. “Raddoppia il numero delle remissioni senza un significativo aumento degli effetti collaterali”, afferma Pier Carlo Sarzi Puttini, ordinario all’università di Milano e sperimentatore del farmaco, pur precisando che la cura, anche questa di seconda scelta, va pur sempre personalizzata. Farmaci efficaci, i biologici, ma che vanno insomma usati con attenzione, secondo una capacità, sempre più affinata, di calibrare le cure.
È quanto si richiede al reumatologo del XXI secolo, uno specialista che sta velocemente cambiando, di pari passo col progresso scientifico. Studio LITHE: Tocilizumab previene la progressione del danno articolare. I pazienti trattati con Actemra vanno incontro ad una più alta percentuale di remissione, che aumenta nel tempo. Fino al 56% dei pazienti con artrite reumatoide attiva, trattati con Actemra ( Tocilizumab; nell’Unione Europea: RoActemra ) per più di 2 anni, potrà raggiungere remissione della malattia. La remissione è stata definita come un valore di DAS28 inferiore a 2.6. Nel corso del Congresso EULAR ( European League Against Rheumatism ) sono stati presentati anche i dati dello studio LITHE, che ha mostrato che i pazienti trattati con Tocilizumab presentano una progressione tre volte inferiore di danno articolare ( misurato mediante Total Sharp Score ), rispetto a quelli trattati con Metotrexato da solo. Inoltre, più pazienti trattati con Tocilizumab 8 mg/kg hanno raggiunto remissione a 6 mesi rispetto a quelli trattati solamente con Metotrexato ( 33% versus 4% ), e queste percentuali hanno continuato ad aumentare nel tempo ( 47% versus 8% ad 1 anno ).
Dallo studio LITHE è anche emerso che i benefici di Tocilizumab si mantengono o migliorano a 2 anni. Lo studio LITHE è stato disegnato per valutare l’efficacia di Tocilizumab in associazione a Metotrexato nell’inibire il danno articolare strutturale e nel migliorare la funzione fisica nell’arco di 2 anni. Hanno preso parte allo studio 1196 pazienti con forma moderata-grave di artrite reumatoide che presentavano un’inadeguata risposta al Metotrexato. Actemra è il primo anticorpo monoclonale umanizzato che inibisce il recettore dell’interleukina-6 ( IL-6 ). Actemra è stato approvato in Giappone nelle seguenti indicazioni: malattia di Castleman, artrite reumatoide, artrite idiopatica giovanile, e artrite idiopatica giovanile a esordio sistemico. RoActemra è stato approvato nell’Unione Europea nel gennaio 2009 nel trattamento dell’artrite reumatoide nei pazienti che hanno risposto in modo inadeguato, o che non hanno tollerato precedenti terapie con uno o più farmaci antireumatici modificanti la malattia ( DMARD ) o inibitori del TNF-alfa. Come gli altri DMARD, Tocilizumab può causare gravi infezioni e reazioni di ipersensibilità, tra cui alcuni casi di anafilassi. In alcuni pazienti è stato osservato un aumento dei livelli di transaminasi ( ALT e AST ); questi aumenti erano generalmente lievi e reversibili, con nessun danno epatico e nessun impatto sulla funzione del fegato. ( Xagena2009 )
TOCILIZUMAB:
Il nuovo farmaco contro l’artrite reumatoide tocilizumab ha dimostrato la sua superiorità rispetto all’attuale standard di cura, metotressato (MTX), ottenendo una maggior riduzione di segni e sintomi (ad es. articolazioni gonfie e doloranti) a 6 mesi nei pazienti affetti da artrite reumatoide. Questo outcome positivo rende tocilizumab la prima ed unica terapia biologica dalla superiorità dimostrata rispetto a MTX. Inoltre, un numero quasi triplo di pazienti trattati con Tocilizumab ha raggiunto la remissione (definita dalla misura universalmente riconosciuta DAS28 <2.6), l’obiettivo ultimo del trattamento in questa malattia attualmente incurabile.1 L’outcome è significativo poiché l’AR è una malattia cronica debilitante ed i farmaci lasciano poche speranze di remissione o guarigione – la ragione per cui sono necessarie ulteriori opzioni terapeutiche William M. Burns, CEO della Roche, Divisione Farmaceutici, ha dichiarato: “I dati dell’ultimo studio sono incoraggianti per i pazienti colpiti dagli effetti devastanti dell’artrite reumatoide. Essendo il primo e unico trattamento biologico con una superiorità dimostrata rispetto all’attuale standard di cura nella terapia precoce dell’AR, tocilizumab offrirà ad un numero maggiore di pazienti la possibilità di non soffrire più di sintomi debilitanti. Inoltre, tocilizumab fa sì che i pazienti abbiano più chance di ottenere una remissione precoce e durevole”.
LO STUUDIO AMBITION, i cui dati sono stati presentati oggi al congresso della European League Against Rheumatism (EULAR), è stato disegnato per valutare l’efficacia e la sicurezza di tocilizumab (8 mg/kg) rispetto a MTX in pazienti con AR attiva. Lo studio ha dimostrato che un numero significativamente più elevato di pazienti trattati con tocilizumab ha ottenuto un miglioramento del 20% dei sintomi (ACR20: 70% vs. 53%) dopo 24 settimane di trattamento.1 In passato nessuna terapia biologica aveva dimostrato di essere superiore a MTX rispetto a questo importante parametro clinico alla Settimana 24. Inoltre, un numero quasi triplo di pazienti trattati con tocilizumab in monoterapia ha raggiunto la remissione rispetto ai soggetti MTX (34% vs. 12%).1 Da notare che i pazienti di AMBITION avevano una durata della malattia più breve rispetto agli studi precedenti condotti su tocilizumab. La maggioranza dei pazienti non aveva seguito una terapia con MTX e molti non avevano assunto farmaci anti-reumatici modificatori della malattia (DMARD).“Siamo felici dei risultati dello studio AMBITION con cui si dimostra per la prima volta che la terapia con un solo biologico è superiore a metotressato dopo sei mesi di terapia,” ha dichiarato Graeme Jones, M.D., sperimentatore principale del trial AMBITION e Professore Associato della Università di Tasmania ad Hobart, Australia. “Nel complesso i risultati sono incontrovertibili ed attestano l’efficacia e la sicurezza di tocilizumab nel trattamento dei segni e dei sintomi cronici dell’artrite reumatoide con effetti enormi sulla vita dei pazienti.”
LO STUDIO RADIATE dimostra l’efficacia di tocilizumab nei pazienti difficili da trattare
I dati di un secondo studio su tocilizumab, il trial RADIATE, presentati anch’essi a Parigi e pubblicati online oggi sugli Annals of Rheumatic Diseases, indicano che tocilizumab è efficace anche nei pazienti difficili da trattare con una pregressa risposta inadeguata ad una classe di farmaci anti-AR largamente impiegata, detta anti-TNF (terapia anti fattore di crescita tumorale). Il 30% dei pazienti trattati con tocilizumab in associazione con MTX ha ottenuto la remissione (DAS28 <2.6) a fronte dell’1.6% dei pazienti trattati con solo MTX.4 Inoltre, lo studio ha dimostrato che un numero significativamente più elevato di pazienti tocilizumab ha ottenuto una riduzione di segni e sintomi dopo 24 settimane di trattamento (ACR20: 50% vs. 10%).4 Il risultato è notevole per il fatto che il 12-18% della popolazione studiata non aveva risposto a tre o più terapie anti-TNF,4 lasciando poche speranze di alleviare ulteriormente i sintomi con tali trattamenti tradizionali. Nel presentare i dati, il Professor Paul Emery, Professore di Reumatologia, Università di Leeds, Sperimentatore Principale, ha dichiarato: “i risultati dello studio sono molto promettenti per i pazienti affetti da AR i quali hanno bisogno di una gamma di opzioni terapeutiche, specialmente nei casi in cui non è stato conseguito un miglioramento adeguato del dolore e dei sintomi con le terapie anti-TNF.” I dati sulla remissione sia nello studio AMBITION che nello studio RADIATE sono in linea con gli studi precedenti in cui quasi un terzo dei pazienti aveva ottenuto la remissione indipendentemente dalla durata della malattia o dal trattamento precedentemente seguito. Oltre 4.000 pazienti con AR di 41 Paesi, comprese Europa e USA, sono stati arruolati nel programma di sperimentazione clinica di tocilizumab, uno dei più grandi programmi di fase III mai effettuati per una terapia biologica.
LO STUDIO AMBITION
Lo studio di Fase III AMBITION (tocilizumab versus Methotrexate double-Blind Investigative Trial In mONotherapy) è uno studio a due bracci, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo su 673 pazienti per valutare l’efficacia e la sicurezza di tocilizumab (8 mg/kg) rispetto a MTX in pazienti con AR attiva da moderata a severa, inclusa una percentuale elevata di pazienti nelle prime fasi della malattia. L’endpoint primario era la non inferiorità seguita dalla superiorità di tocilizumab nella risposta ACR20 alla settimana 24 rispetto a MTX. Il trial è stato effettuato presso 252 centri di 18 Paesi. Nello studio AMBITION, il 70%, 44% e 28% dei pazienti del braccio TOCILIZUMAB (8 mg/kg) in monoterapia ha rispettivamente raggiunto l’ ACR20, ACR50 e ACR70 a fronte del 53%, 34% e 15% dei pazienti trattati con solo MTX.1 La remissione della malattia (DAS28 <2.6) è stata dimostrata nel 34% dei pazienti tocilizumab a fronte del 12% dei pazienti del gruppo di controllo.1
LO STUDIO RADIATE
Lo studio di Fase III RADIATE (Research on tocilizumab Determining effIcacy after Anti-TNF FailurEs) è uno studio a tre bracci, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo sulla sicurezza e la riduzione di segni e sintomi in corso di trattamento con tocilizumab (8mg/kg o 4mg/kg) in associazione con MTX, in pazienti con AR attiva da moderata a severa con una pregressa risposta insufficiente ad almeno una terapia anti-TNF. In genere questo gruppo di pazienti ha una malattia più refrattaria e più difficile da trattare. Lo studio è stato effettuato su 499 pazienti randomizzati ai tre gruppi di trattamento presso 128 centri di 13 Paesi. Ciascun gruppo di pazienti ha ricevuto 8mg/kg o 4mg/kg tocilizumab, oppure il placebo in aggiunta a 10-25mg MTX a settimana. Nello studio RADIATE, il 50%, 29% e 12% dei pazienti con AR trattati con TOCILIZUMAB (8 mg/kg) più MTX ha rispettivamente raggiunto l’ ACR20, ACR50 e ACR70, a fronte del 10%, 4% e 1% dei pazienti trattati con infusioni placebo più MTX ogni settimana.4 Il trattamento con tocilizumab e MTX ha mostrato benefici clinici significativi anche nei pazienti che avevano assunto tre terapie anti-TNF senza alcun successo. Inoltre, la remissione della malattia (DAS28 <2.6) è stata dimostrata nel 30% dei pazienti tocilizumab a fronte dell’ 1.6% dei pazienti del gruppo di controllo.4
I dati di un secondo studio su tocilizumab, il trial RADIATE, presentati anch’essi a Parigi e pubblicati online oggi sugli Annals of Rheumatic Diseases, indicano che tocilizumab è efficace anche nei pazienti difficili da trattare con una pregressa risposta inadeguata ad una classe di farmaci anti-AR largamente impiegata, detta anti-TNF (terapia anti fattore di crescita tumorale). Il 30% dei pazienti trattati con tocilizumab in associazione con MTX ha ottenuto la remissione (DAS28 <2.6) a fronte dell’1.6% dei pazienti trattati con solo MTX.4 Inoltre, lo studio ha dimostrato che un numero significativamente più elevato di pazienti tocilizumab ha ottenuto una riduzione di segni e sintomi dopo 24 settimane di trattamento (ACR20: 50% vs. 10%).4 Il risultato è notevole per il fatto che il 12-18% della popolazione studiata non aveva risposto a tre o più terapie anti-TNF,4 lasciando poche speranze di alleviare ulteriormente i sintomi con tali trattamenti tradizionali. Nel presentare i dati, il Professor Paul Emery, Professore di Reumatologia, Università di Leeds, Sperimentatore Principale, ha dichiarato: “i risultati dello studio sono molto promettenti per i pazienti affetti da AR i quali hanno bisogno di una gamma di opzioni terapeutiche, specialmente nei casi in cui non è stato conseguito un miglioramento adeguato del dolore e dei sintomi con le terapie anti-TNF.” I dati sulla remissione sia nello studio AMBITION che nello studio RADIATE sono in linea con gli studi precedenti in cui quasi un terzo dei pazienti aveva ottenuto la remissione indipendentemente dalla durata della malattia o dal trattamento precedentemente seguito. Oltre 4.000 pazienti con AR di 41 Paesi, comprese Europa e USA, sono stati arruolati nel programma di sperimentazione clinica di tocilizumab, uno dei più grandi programmi di fase III mai effettuati per una terapia biologica.
Lo studio di Fase III AMBITION (tocilizumab versus Methotrexate double-Blind Investigative Trial In mONotherapy) è uno studio a due bracci, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo su 673 pazienti per valutare l’efficacia e la sicurezza di tocilizumab (8 mg/kg) rispetto a MTX in pazienti con AR attiva da moderata a severa, inclusa una percentuale elevata di pazienti nelle prime fasi della malattia. L’endpoint primario era la non inferiorità seguita dalla superiorità di tocilizumab nella risposta ACR20 alla settimana 24 rispetto a MTX. Il trial è stato effettuato presso 252 centri di 18 Paesi. Nello studio AMBITION, il 70%, 44% e 28% dei pazienti del braccio TOCILIZUMAB (8 mg/kg) in monoterapia ha rispettivamente raggiunto l’ ACR20, ACR50 e ACR70 a fronte del 53%, 34% e 15% dei pazienti trattati con solo MTX.1 La remissione della malattia (DAS28 <2.6) è stata dimostrata nel 34% dei pazienti tocilizumab a fronte del 12% dei pazienti del gruppo di controllo.1
Lo studio di Fase III RADIATE (Research on tocilizumab Determining effIcacy after Anti-TNF FailurEs) è uno studio a tre bracci, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo sulla sicurezza e la riduzione di segni e sintomi in corso di trattamento con tocilizumab (8mg/kg o 4mg/kg) in associazione con MTX, in pazienti con AR attiva da moderata a severa con una pregressa risposta insufficiente ad almeno una terapia anti-TNF. In genere questo gruppo di pazienti ha una malattia più refrattaria e più difficile da trattare. Lo studio è stato effettuato su 499 pazienti randomizzati ai tre gruppi di trattamento presso 128 centri di 13 Paesi. Ciascun gruppo di pazienti ha ricevuto 8mg/kg o 4mg/kg tocilizumab, oppure il placebo in aggiunta a 10-25mg MTX a settimana. Nello studio RADIATE, il 50%, 29% e 12% dei pazienti con AR trattati con TOCILIZUMAB (8 mg/kg) più MTX ha rispettivamente raggiunto l’ ACR20, ACR50 e ACR70, a fronte del 10%, 4% e 1% dei pazienti trattati con infusioni placebo più MTX ogni settimana.4 Il trattamento con tocilizumab e MTX ha mostrato benefici clinici significativi anche nei pazienti che avevano assunto tre terapie anti-TNF senza alcun successo. Inoltre, la remissione della malattia (DAS28 <2.6) è stata dimostrata nel 30% dei pazienti tocilizumab a fronte dell’ 1.6% dei pazienti del gruppo di controllo.4
TOCILIZUMAB
Tocilizumab è il frutto della ricerca svolta in collaborazione con Chugai ed è co-sviluppato in tutto il mondo con Chugai. Tocilizumab è il primo anticorpo monoclonale umanizzato in grado di inibire il recettore dell’interleuchina-6 (IL-6). E’ stato disegnato un esteso programma di sviluppo clinico con 5 sperimentazioni di Fase III per valutare i risultati clinici di tocilizumab. Nei 5 studi sono stati raggiungi gli endpoint primari. Tocilizumab è in attesa di approvazione negli Stati Uniti e in Europa. In Giappone Tocilizumab è stato lanciato da Chugai nel giugno 2005 come terapia per la malattia di Castleman; nell’aprile 2008, in Giappone sono state approvate ulteriori indicazioni, ovvero l’artrite reumatoide, l’artrite idiopatica giovanile e l’artrite idiopatica giovanile ad esordio sistemico.
Tocilizumab è generalmente ben tollerato. Il profilo di sicurezza di tocilizumab risulta costante in tutti gli studi clinici. Gli eventi avversi non gravi più frequentemente segnalati sono le infezioni delle alte vie respiratorie, nasofaringite, cefalea ed ipertensione. Come per altri farmaci biologici anti-reumatici modificatori della malattia (DMARD), sono stati segnalati in alcuni pazienti trattati con tocilizumab infezioni gravi e reazioni da ipersensibilità, compresi pochi casi di anafilassi. E’ stato osservato un aumento delle transaminasi epatiche (ALT e AST) in alcuni pazienti; l’aumento è stato in genere lieve e reversibile, senza danni epatici o altre conseguenze a carico della funzione epatica. Nuovi dati presentati al congresso della European League Against Rheumatism (EULAR) dimostrano che tocilizumab induce remissione nel 56% dei pazienti affetti da artrite reumatoide attiva (AR) e trattati per oltre due anni. La remissione, definita come DAS28 <2.6, offre vantaggi concreti alle persone affette da AR, migliorando notevolmente la sintomatologia e consentendo loro di proseguire o riprendere un normale corso di vita quotidiana. In un commento sui dati, il Professor Josef Smolen, dell’Università di Vienna, in Austria, ha dichiarato: “Livelli di remissione costantemente elevati come questi significano molto sia per i medici che per i pazienti: in primo luogo dimostrano che è possibile ottenere un livello di attività di malattia molto basso o addirittura la remissione dei sintomi su larga scala e in tutte le tipologie di pazienti; quindi, si conferma che tocilizumab si rivela un trattamento efficace a lungo termine, capace di cambiare drasticamente la vita dei pazienti”.Questi dati a lungo termine vanno ad aggiungersi alla già abbondante mole di dati che dimostrano l’efficacia di tocilizumab, nell’indurre costantemente remissione clinica in elevate percentuali di pazienti. Il profilo di sicurezza, negli studi di estensione a lungo termine è invariato rispetto a quanto documentato precedentemente. Gli effetti indesiderati più comunemente riportati sono l’infezione del tratto respiratorio superiore, la naso-faringite, l’emicrania e l’ipertensione. Oltre alla remissione clinica, tocilizumab ha anche dimostrato efficacia nella prevenzione della progressione del danno articolare. I risultati dello studio LITHE ad un anno, (presentato anch’esso all’EULAR), dimostrano che i pazienti trattati con tocilizumab hanno una progressione del danno strutturale tre volte inferiore rispetto ai pazienti trattati con il solo metotrexato (MTX). L’inibizione del danno strutturale alle articolazioni nelle persone affette da AR, è una chiara indicazione dell’efficacia di un trattamento per tale patologia. Nello studio LITHE un numero significativamente maggiore di pazienti trattati con tocilizumab 8mg/kg, ha ottenuto la remissione dopo 6 mesi, rispetto a quelli trattati con il solo MTX (33% rispetto a 4%) e queste percentuali hanno continuato a salire nel tempo, fino a 1 anno (47% rispetto a 8%). I principali risultati dello studio LITHE, recentemente annunciati, dimostrano che questi vantaggi si sono mantenuti, o sono migliorati nell’arco di 2 anni. Tocilizumab ha inoltre migliorato la capacità dei pazienti di svolgere le normali attività quotidiane, come dimostrato con il questionario di valutazione Health Assessment Questionnaire (HAQ). I risultati dello studio di Fase III AMBITION dimostrano che tocilizumab in monoterapia è l’unico prodotto che si è dimostrato superiore all’MTX, ossia la terapia standard attualmente in uso. Tale superiorità è stata documentata a 6 mesi attraverso le risposte ACR20, ACR50 e ACR70. Inoltre il 40% dei pazienti che non avevano mai ricevuto un trattamento con DMARD, ha raggiunto una remissione DAS28 alla settimana 24. Oltre 2.500 persone affette da AR, partecipanti agli studi di Fase III OPTION, TOWARD, RADIATE e AMBITION, hanno preso parte agli studi di estensione a lungo termine (GROWTH95; GROWTH96), che hanno valutato l’uso di tocilizumab 8mg/kg ogni quattro settimane nelle seguenti popolazioni: pazienti con inadeguata risposta ai DMARD, agli inibitori del TNF e pazienti senza precedente fallimento alla terapia con MTX. Le misurazioni comprendevano ACR20/50/70, DAS28 e altri punteggi di efficacia. Lo studio LITHE, randomizzato in doppio cieco controllato con placebo, è stato avviato per valutare l’efficacia di tocilizumab in combinazione con MTX nell’inibizione dei danni strutturali alle articolazioni e nel miglioramento delle funzioni fisiche nell’arco di 2 anni. LITHE è uno studio internazionale, effettuato in 15 paesi e su 1196 pazienti affetti da AR da moderata a grave, che avevano avuto una risposta inadeguata al MTX. In questo studio, i pazienti sono stati trattati con tocilizumab (4 mg/kg or 8 mg/kg, un’assunzione ogni quattro settimane), in combinazione con il MTX, o con il solo MTX.
Effect of Interleukin-6 Receptor Inhibition with Tocilizumab in Patients with Rheumatoid Arthritis
La terapia dell’artrite reumatoide è stata rivoluzionata negli ultimi 20 anni dall’avvento dei farmaci biologici, una nuova classe di farmaci antiinfiammatori in grado di modificare il decorso della malattia. L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica, di origine autoimmunitaria e di natura sistemica. Alla base dello sviluppo dei farmaci biologici c’è il progresso delle conoscenze sul ruolo di alcune citochine infiammatorie, come il tumor necrosis factor alfa (TNFa), l’interleuchina 1 (IL-1) e l’IL-6, nella patogenesi dell’artrite reumatoide. Nonostante la disponibilità di sei farmaci biologici approvati per il trattamento della malattia, esiste un bisogno terapeutico non soddisfatto poiché nessuno di questi farmaci è esente da problemi di risposta terapeutica assente o limitata nel singolo paziente.
Il tocilizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro entrambe le forme (quella espressa sulla membrana cellulare e quella solubile circolante) del recettore dell’IL-6, co-sviluppato da Hoffmann-La Roche e Chugai Pharmaceutical. Dopo due studi di dose-finding in circa 500 pazienti con artrite reumatoide e inadeguata risposta al metotressate, che hanno fornito risultati promettenti in termini di efficacia clinica e tollerabilità, è stato disegnato uno studio di fase III, lo studio OPTION. L’obiettivo primario era di valutare l’efficacia del tocilizumab in pazienti con attività di malattia da moderata a severa, selezionati in base ad una risposta inadeguata al metotressate e nei quali tutti gli altri farmaci in grado di modificare il decorso della malattia (compresi altri farmaci biologici) venivano sospesi. Lo studio OPTION è quindi un trial clinico randomizzato, in doppio cieco, di due diverse dosi di tocilizumab (4 mg/kg e 8 mg/kg), somministrato per via endovenosa ogni 4 settimane per 24 settimane, o placebo aggiunti a dosi stabili (10-25 mg/settimana) di metotressate, glucocorticoidi per via orale (= 10 mg/die di prednisone) e FANS. L’end-point primario era rappresentato dalla proporzione di pazienti che ottenessero un miglioramento del 20% dei segni e sintomi dell’artrite reumatoide secondo i criteri dell’American College of Rheumatology (cosiddetta risposta ACR20) a 24 settimane. Un campione di 210 pazienti per braccio avrebbe fornito allo studio un potere statistico del 90% per evidenziare una differenza tra tocilizumab e placebo, ipotizzando una risposta ACR20 nel 60% dei pazienti trattati con tocilizumab rispetto ad un 40% atteso con il placebo. I 622 pazienti randomizzati avevano un’età media di 51 anni, erano per l’80% donne, avevano una durata media di malattia di 7 anni e mezzo, facevano uso di metotressate alla dose settimanale media di circa 15 mg, uno su due facevano anche steroidi e due su tre anche FANS. I pazienti che non avessero raggiunto una risposta di almeno il 20% di miglioramento di alcune componenti dell’ACR20 alla sedicesima settimana potevano ricevere una terapia di “salvataggio” con tocilizumab 8 mg/kg e, se necessario, steroidi per via intra-articolare. Dopo 24 settimane di trattamento, il 26% dei pazienti trattati con placebo aveva ottenuto una risposta ACR20, ma un paziente su tre aveva avuto bisogno di terapia di “salvataggio”. Il trattamento con tocilizumab aveva prodotto una percentuale significativamente più alta di risposta ACR20 (48% alla dose più bassa e 59% alla dose più alta) ed una minore proporzione di pazienti che ricorreva alla terapia di “salvataggio” (uno su sette e uno su dieci, rispettivamente). Inoltre, il blocco del recettore dell’IL-6 aveva modificato positivamente tutta una serie di end-points secondari, derivati dalla valutazione soggettiva del paziente o del medico, o dagli esami di laboratorio. In particolare, i livelli di proteina C reattiva e la velocità di eritro-sedimentazione venivano normalizzati dalla dose più alta di tocilizumab entro due settimane di trattamento e rimanevano stabili per la durata dello studio. Sul fronte della sicurezza, nei pazienti trattati con tocilizumab si sono registrate più infezioni, aumenti transitori degli enzimi epatici, reazioni cutanee e aumenti persistenti dei livelli di colesterolo totale (di circa 1 mmol/L) e di colesterolo LDL (di circa 0,5 mmol/L), rispetto ai pazienti trattati con placebo. Quindi, il blocco del recettore dell’IL-6 produce un rapido e persistente miglioramento dei segni e sintomi dell’infiammazione sinoviale. Lo studio OPTION, tuttavia, non ci dice se questo miglioramento indiscutibile di “soft” end-points si traduca in un rallentamento del danno strutturale prodotto dalla progressione della malattia (“hard” end-point di efficacia negli studi dell’artrite reumatoide). Non sorprendentemente, dato il ruolo dell’IL-6 nella risposta immunitaria, il blocco del suo recettore produce più infezioni, soprattutto a carico delle vie respiratorie superiori. Meno scontata, e più controversa, appare invece l’interpretazione delle modifiche dell’assetto lipidico indotte da tocilizumab, che confermano quelle già riscontrate negli studi di fase II. Gli autori dello studio OPTION attribuiscono queste modifiche al miglioramento dell’infiammazione cronica e sostengono che aumenti dei livelli lipidici si riscontrano anche con altre terapie efficaci, compresi gli inibitori del TNF-a. L’editoriale di Tim Bongartz (Lancet 2008;371:961-963) esprime cautela sull’uso di un nuovo farmaco “that significantly increases predictors of cardiovascular morbidity and mortality – especially if agents with similar efficacy are available that influence these predictors to a lesser extent”. In realtà, in assenza di studi comparativi “testa a testa” tra tocilizumab ed altri farmaci biologici, è difficile sostenere – sulla base di confronti indiretti – che l’aumento della colesterolemia associato con il blocco dell’IL-6 sia maggiore di quello che accompagna l’inibizione del TNF-a. Va comunque ricordato che una differenza persistente nel livello di colesterolo LDL, come quella registrata nello studio OPTION, ha un impatto misurabile sul rischio di eventi vascolari maggiori e sull’aspettativa di vita (Cholesterol Treatment Trialists’ Collaborators, Lancet 2008;371:117-125). Chiaramente, la dimensione cardiovascolare della sicurezza a lungo termine del tocilizumab dovrebbe essere collocata al primo posto di un’agenda di priorità per gli studi futuri di questo interessante agente biologico. Un’ultima considerazione sul disegno dello studio OPTION. Per un paziente con artrite reumatoide in fase attiva e con risposta inadeguata al metotressate, il quesito clinicamente rilevante (ed eticamente accetabile) dovrebbe essere se il tocilizumab sia più efficace rispetto alle opzioni terapeutiche oggi disponibili (es, un anti-TNFa), e non se il tocilizumab sia più efficace di un placebo. Sappiamo che le autorità regolatorie prediligono i confronti verso placebo, perché sono quelli più facili da decifrare. Sappiamo che le aziende farmaceutiche preferiscono questo tipo di confronto, perché meno rischioso d’insuccesso e anche molto meno oneroso (per le ovvie differenze di calcolo della dimensione del campione). Tuttavia, non è necessariamente nell’interesse dei pazienti, e ce ne dovremmo ricordare ogni qual volta esaminiamo questo tipo di studi in comitato etico. Dubito anche che sia nell’interesse della comunità medico-scientifica in termini di progresso delle conoscenze. Any comments?
Carlo Patrono
Istituto di Farmacologia
Università Cattolica del Sacro Cuore
Roma
carlo.patrono@rm.unicatt.it

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